GIULIANO VANGI. COLLOQUIO CON L'ANTICO. PISANO, DONATELLO, MICHELANGELO

Mart Rovereto, 1 luglio — 9 ottobre 2022 PROROGATA FINO AL 1 NOVEMBRE 2022
Da un’idea di Vittorio Sgarbi
A cura di Massimo Bertozzi e Daniela Ferrari
In collaborazione con Nicola Loi, Studio Copernico Milano

 

Nella ricerca di continuità e similitudini tra l’arte antica e l’arte contemporanea, il Mart presenta una grande mostra su Giuliano Vangi, che ne celebra i novant’anni. Sculture e disegni si confrontano con l’arte di alcuni grandi maestri del passato, tra cui Pisano, Donatello, Michelangelo in un grande allestimento firmato Mario Botta.

Una mostra che mette a nudo l’artista e ne rivela le origini e i temi di riflessione, in una storia che continua. Una autobiografia in scultura. Non ci sono antico e moderno, presente e passato. E non è un capriccio il desiderio manifestato da Vangi, e da me condiviso, di un accostamento a Michelangelo. Perché proprio le figure in movimento per una Trasfigurazione non testimoniano una citazione, ma una interiorizzazione, il passo di Michelangelo e quello di Vangi si sintonizzano. Procedono all’unisono, con lo stesso ritmo interiore. Non è continuità, è contemporaneità. Vangi respira, ansima con Michelangelo.
Il linguaggio è lo stesso, e non c’è distanza nè filtro del tempo.

Vittorio Sgarbi

 

Oltre cinquanta sculture e una ventina di disegni − di cui uno di 36 metri, realizzato appositamente per questa mostra−accolgono i visitatori e le visitatrici del Mart. L’esposizione dedicata a Giuliano Vangi comincia nella piazza del museo e si sviluppa nelle gallerie del secondo piano ripensate per l’occasione da chi vent’anni fa le ha progettate: l’archistar Mario Botta. Grande amico dell’artista, Botta lo ha invitato più volte a confrontarsi con alcune delle sue architetture religiose: la cappella di Azzano di Serravezza, la chiesa di Giovanni XXIII a Seriate e, più di recente, quella di Namyang in Corea del Sud, per la quale Vangi ha realizzato una crocifissione lignea e due grandi vetrate. Oggi, nell’antologica ideata dal Presidente Vittorio Sgarbi, i ruoli si invertono: è Vangi a coinvolgere Botta, a conferma di un sodalizio di lunga data, non solo artistico.

L’allestimento, a cura di Botta Architetti (Mario e Tommaso Botta), si apre con una sorta di esedra, luogo di ritrovo e di incontro con l’arte, come la stessa piazza del museo. Si prosegue in un grande open space suddiviso in tre navate, scandite da alcuni prismi che contegono le nicchie con le opere antiche e gli avori di Vangi.

Oltre che con l’architettura contemporanea, al Mart Vangi dialoga con alcuni artisti gotici o rinascimentali: primi fra tutti Giovanni Pisano, Donatello e Michelangelo Buonarroti, ma anche Jacopo della Quercia, Tino di Camaino, Agostino di Giovanni, Francesco di Valdambrino.

Dodici le opere antiche in mostra, tra cui tre disegni di Michelangelo provenienti da Casa Buonarroti, il Busto di Niccolò da Uzzanodi Donatello, appartenente alle raccolte del Bargello, e un Crocifisso di inizio Trecento di Giovanni Pisano, dalla Chiesa di Sant’Andrea di Pistoia.

Il confronto tra la scultura di Vangi e l’arte del passato, da quella etrusca in poi con particolare attenzione alla storia toscana, da anni suggerisce riflessioni ad alcuni tra i più noti critici e storici dell’arte, per esempio Carlo Ludovico Ragghianti, Enzo Carli, Luigi Carluccio. Come illustrato nel catalogo, Vangi reinterpreta e magistralmente rinnova un filone tra i più ricchi della grande storia dell’arte italiana. I curatori della mostra alludono a una “impronta genetica” ereditata da Vangi, una “linea del sangue: Giovanni Pisano, e gli sviluppi della sua lezione, con Agostino di Giovanni e Tino di Camaino; e poi l’eleganza formale, che l’onda lunga del gotico internazionale depone sulla battigia dell’umanesimo, con Francesco di Valdambrino e Jacopo della Quercia, fino alla piena maturità della stagione rinascimentale, con Donatello, Matteo Civitali, Michelangelo, è quella che traccia i principali indirizzi della ricerca di Vangi, così come la si vuole far emergere e celebrare con questa mostra, che ripercorre per intero la storia artistica di uno scultore per il quale l’impronta della tradizione toscana e la maestria di un sapere antico hanno rappresentato uno straordinario bagaglio espressivo, al servizio di una rara sensibilità e di una grande immaginazione”.

Dopo un breve esordio legato all’astrattismo, Vangi torna alle proprie radici, a quella classicità che recupera senza subordinamento ma con audace rinnovamento, con rigorosa sintesi plastica e formale. Ben rappresentata in mostra con opere che vanno dagli anni Sessanta a oggi, la grande arte di Vangi risulta autonoma, universale, ieratica.

L’originalità si manifesta nell’abilità di pittore e nella sublime capacità scultorea. Non c’è materiale che non interessi la visione plastica di Vangi: la pietra e il marmo più forti; diversi tipi di legno, come l’ebano; i metalli e il bronzo; le moderne resine; il raro avorio. In alcuni periodi Vangi realizza sculture polimateriche e policrome, utilizzando i colori – come i più antichi fra gli antichi –, smalti, vernici. Altrove applica protesi, denti di porcellana, occhi di vetro, conferendo alle sue sculture una particolare forza espressiva.

La ricerca di Vangi investe la condizione umana tutta: il senso di solitudine, lo smarrimento, le inquietudini del presente. Con rara efficacia nel rappresentare la solidità e la stabilità, così come la precarietà, i corpi rivelano l’eterno tentativo di resistere al disagio esistenziale. In questa indagine sono cruciali le apprensioni sugli urgenti cambiamenti climatici e le catastrofi ambientali che rendono l’angoscia individuale collettiva.

Vangi raffigura gli esseri umani moderni con compassione, con pietas partecipata e senziente. Nella solennità e nell’eternità della sua opera, c’è qualcosa di spirituale, religioso o laico che si preferisca, un portato sacro quanto sacra può essere l’esistenza.

 

Focus On_Giuliano Vangi

La mostra è l’occasione per presentare in anteprima un docufilm su Giuliano Vangi realizzato negli ultimi mesi con interviste all’artista, all’architetto Botta, a Vittorio Sgarbi, a Nicola Loi, Studio Copernico, e a Koko Okano, direttrice del Museo Vangi di Mishima.
“Giuliano Vangi, che ha compiuto novant’anni, si racconta in un documentario. E lo fa a Pietrasanta, ai piedi delle Alpi Apuane, nel grande atelier, dove crea le sue opere e sta preparando la sua grande opera per Seul. Tra le pareti verticali delle cave di marmo, e a Pesaro, la città dove vive. Un racconto e un viaggio tra progetti e opere, ricordi e emozioni, ricerca e passione del grande scultore italiano”.

Le ultime riprese del film sono state girate al Mart, in occasione dell’allestimento della mostra.

Di Emerson Gattafoni e Valeria Cagnoni,prodotto da Gekofilm S.r.l. per la televisione, il documentario dura 30 minuti. Regia di Emerson Gattafoni.

 

Il catalogo

Completa la mostra un progetto editoriale in italiano e in inglese pubblicato da 24 ORE Cultura.

Hanno scritto: Vittorio Sgarbi e Mario Botta, oltre ai curatori della mostra Massimo Bertozzi e Daniela Ferrari.

 

Giuliano Vangi

Giuliano Vangi è nato a Barberino di Mugello (Firenze) nel 1931, mostrando sin da ragazzo una notevole attitudine al disegno.

Studia all’Istituto d’arte di Firenze, allievo di Bruno Innocenti, e in seguito frequenta l’Accademia di Belle Arti e la Scuola di nudo.

Conclusa la formazione, si trasferisce prima a Pesaro, dove insegna all’Istituto d’arte dal 1950 al 1959, per spostarsi quello stesso anno a San Paolo, in Brasile, dove rimane fino al 1962. Durante il soggiorno brasiliano si dedica alla ricerca astratta, lavorando il cristallo e metalli quali il ferro e l’acciaio, ottenendo i primi risultati all’interno del mondo dell’arte: vince infatti il primo premio al Salone di Curitiba, espone al Museo d’arte di San Paolo, nel 1961 partecipa alla VI Biennale di San Paolo e a una mostra collettiva itinerante negli Stati Uniti.

Conclusa la parentesi brasiliana, si stabilisce a Varese e insegna per alcuni anni all’Istituto d’arte di Cantù. Il suo rientro in Italia coincide con il recupero della figurazione, realizzando opere dal forte impianto evocativo e dalla straordinaria forza espressiva, conferita anche grazie all’utilizzo dei materiali più diversi – dal legno, al marmo, all’avorio, a pietre varie con incastri sorprendenti, ai metalli – a seconda delle esigenze. Il fulcro della sua ricerca è l’uomo, con le sue sofferenze, i dubbi, le certezze e le speranze: per Vangi l’arte è essenzialmente affermazione dell’esistenza.

Dopo la prima mostra personale in Italia, a Palazzo Strozzi a Firenze nel 1967, organizzata da Carlo Ludovico Ragghianti, inizia per Vangi una proficua stagione di mostre in Italia e all’estero, tra le quali vanno ricordate la mostra al Palazzo della Permanente di Milano nel 1977 e un’ampia personale nella sede dell’Istituto italo-latino americano a Roma nel 1978.

Risale al 1981 la sua prima mostra a New York, presso la Sindin Gallery, mentre nel 1988 espone per la prima volta i suoi lavori in Oriente, presso la Gallery Universe di Tokyo.

È invece del 1989 la prima mostra antologica alla Società Promotrice delle Belle Arti di Torino; nel 1991 un ciclo di bronzi, marmi e legni policromi per la maggior parte inediti sono accolti negli spettacolari spazi di Castel Sant’Elmo a Napoli.

Nel 1995 gli vengono dedicate una grande mostra al Forte di Belvedere a Firenze e una Sala personale alla Biennale di Venezia.

Nel 2001 si tengono sue personali all’Ermitage di San Pietroburgo e all’Open-Air Museum di Hakone, in Giappone, mentre l’anno seguente viene inaugurato nella città di Mishima, vicino a Tokyo, ai piedi del monte Fuji, il Museo Vangi, un edificio di duemila metri quadrati che sorge all’interno di un parco di trentamila, dove sono esposte un centinaio fra sculture e disegni.

Nel decennio successivo, tra le principali mostre personali si segnalano: nel 2004 quella alla Rotonda della Besana a Milano, dove è presentato anche Il grande racconto, una grande scultura in marmo ora collocata stabilmente nell’Open-Air Museum di Hakone; nel 2007 all’Istituto Italiano di Cultura a Tokyo; nel 2009 alla Galleria Nove di Berlino. Nel 2011 partecipa nuovamente alla Biennale di Venezia e al Festival di Spoleto; sempre nello stesso anno tiene una grande mostra nel Palazzo Pretorio di Barberino di Mugello. Ancora nel 2011, presso il centro espositivo Materima, Casalbetrame, s’inaugura la mostra DiVino dall’antichità a oggi - Marino Marini, Giuliano Vangi e gli Etruschi, dove è esposto il grande gruppo scultorio Contemplazione in pietra di Apricena, ora stabilmente collocata in una collezione privata a Seul, Corea del Sud.

Nel 2013, in occasione del decimo anniversario della fondazione del Museo Vangi a Mishima, viene presentata la scultura lignea Verità, all’interno della mostra La figura femminile nell’opera di Vangi.

Nel 2014 è allestita nel Palazzo Reale di Torino la mostra personale Veio (Let’s ride). Mito e attualità in Giuliano Vangi; nello stesso anno l’artista presenta una mostra personale anche al Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno: Giuliano Vangi. L’enigma della bellezza.

Nell’ottobre del 2014 s’inaugura (con l’allestimento di Mario Botta e la curatela di Gabriele Simongini) la grande mostra Giuliano Vangi. Opere 1994-2014 nei due padiglioni di MACRO Testaccio a Roma.

Nel 2016 Vangi è chiamato a esporre presso la Städtische Galerie Fruchthalle di Rastatt, in Germania; ancora nello stesso anno è presente con una mostra a Palazzo Bracci Pagani di Fano e la città di Asti organizza, a Palazzo Mazzetti, la doppia personale Vangi-Sutherland, un dialogo fra scultura e pittura.

Nel 2018 si tiene a Pesaro una doppia mostra personale al Centro Arti Visive Pescheria e contemporaneamente alla Galleria Ca’ Pesaro 2.0; sempre nel 2018, gli viene dedicata una sala, dove espone sculture e disegni, per l’anniversario degli ottant’anni del Principino di Viareggio.

Molte opere sono state commissionate a Vangi da enti pubblici statali e religiosi: nel 1996 la Lupa per la piazza Postierla di Siena, il San Giovanni Battista per il Lungarno di Firenze; nel 1997 il presbiterio, l’altare, l’ambone, la cattedra vescovile e il grande Crocifisso per il Duomo di Padova; nel 1998 la gigantesca scultura Donna con albero per la nuova sede della Banca d’Italia a Vermicino; nel 1999 la scultura Varcare la soglia per il nuovo ingresso dei Musei Vaticani; nel 2000 la grande scultura del San Tommaso d’Aquino per la città di Roccasecca; nel 2001 l’ambone e l’altare per il Duomo di Pisa; nel 2002 la Ragazza in piedi per il Comune di Pontedera; sempre nel 2002 esegue la scultura Giobbe per la cappella progettata dall’architetto Mario Botta ad Azzano; nel 2004 l’abside nella chiesa di Giovanni XXIII a Seriate, progettata sempre da Mario Botta; ancora nel 2004 l’ambone per la chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, progettata dall’architetto Renzo Piano; nel 2005 esegue una lunga serie di sculture collocate nel parco del Golf Club nei pressi di Seul, Corea del Sud.

Nel 2008 presenta nel Giardino dei Nobili a Materima, Casalbeltrame, due grandi sculture in pietra di Apricena, Agorà e Percorso, destinate a due collezioni private in Corea.

Nel 2009 la Fuji Television di Tokyo inaugura nella propria sede la grande scultura in granito Florentia, mentre nel Museo Vangi a Mishima è inaugurato il gruppo scultoreo in pietra di Apricena Primavera.

Nel 2012 ha luogo la consacrazione dell’altare, dell’ambone e della cattedra vescovile nel Duomo di Arezzo.

Nel 2016 l’Ermitage di San Pietroburgo acquisisce una scultura di bronzo, San Giovanni Battista, da inserire nella collezione di Scultura italiana contemporanea.

Nel 2018 consegna alla Città di Pesaro la grande scultura in pietra di Apricena, La Memoria, per Piazza Mosca; sempre nello stesso anno viene collocata a Venaria Reale, Torino, la grande scultura in granito rosa Momenti.

Nel 2019 si inaugurano le opere per la nuova chiesa di Cintolese dedicata a San Massimiliano Kolbe (altare, ambone, Crocifisso, sedia vescovile), la scultura Donna che si gira, nel Corso di Apricena, e a Fano, in Piazza Amiani, una fontana in acciaio inox, Concordia.

Nel 2020 nel giardino del Palazzo Reale di Torino, viene collocata la scultura in granito Ulisse. Nel 2021, Vangi e Botta presentano i lavori eseguiti per la basilica di Nostra Signora del Rosario di Namyang, Seul, Corea del Sud.

Numerosi sono anche i Premi che Vangi ha ricevuto nel corso della sua lunga attività artistica, tra i quali si segnalano: nel 1983 il Premio Presidente della Repubblica, nel 1995 il Donatello a Firenze, nel 1996 il Michelangelo a Roma, nel 1998 sempre a Roma il Premio Feltrinelli dell’Accademia dei Lincei, nel 2002 il prestigioso Praemium Imperiale a Tokyo, nel 2003 il Premio Libero Andreotti a Pescia, nel 2014 il Premio alla carriera ad Asolo.

Inoltre ha ricevuto la nomina a: accademico di San Luca; membro della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon; membro dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze; membro dell’Accademia Marchigiana di Scienze, Lettere ed Arti di Ancona; professore onorario dell’Accademia di Belle Arti di Carrara; membro dell’Accademia Nazionale di Belle Arti di Parma.

Nel 2011 riceve la cittadinanza onoraria della città di Pietrasanta; nel 2012 è insignito della laurea honoris causa dalla Joshibi University of Art and Design di Tokyo; infine, nel novembre 2017, gli viene conferita l’onorificenza di Commendatore.

 


 

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